A prima vista, si può pensare che la gestione delle buste paga sia un compito quasi interamente automatico, limitato al data entry di presenze, importi relativi a note spesa, aumenti retributivi, ore straordinarie ecc. all’interno di un software di gestione paghe. Tuttavia l’elaborazione dei payroll è un lavoro complesso e presuppone una profonda conoscenza della normativa fiscale, previdenziale e giuslavoristica, in particolare dei contratti collettivi nazionali del lavoro che si stima che in Italia siano 919, oltre che della gestione di innumerevoli voci tra cui i benefit e dei requisiti di rendicontazione, specialmente quando si tratta di gestire più sedi sul territorio nazionale con numerose normative anche a livello territoriale.
Se si pensa che normalmente vengono aggiunte trattenute, bonus e variabili tra le più disparate, si intuisce come la gestione delle buste paga diventa rapidamente complessa. Non si tratta semplicemente di un inserimento di dati e importi, ma di garantire correttezza, accuratezza e tempestività.
Quali conseguenze?
La conseguenza più immediata è che eventuali errori nelle buste paga possono avere conseguenze significative, che spaziano da sanzioni, al blocco del DURC ma soprattutto all’insoddisfazione dei colleghi e degli uffici HR delle aziende. Anche un solo errore, come il mancato aggiornamento di aliquote fiscali / previdenziali o la dimenticanza dei dati relativi a una nuova assunzione o a una nuova norma, può pregiudicare l’intero processo.
Sebbene l’inserimento dati sia solo una parte del processo, esso rappresenta la punta dell’iceberg. I professionisti delle paghe affrontano queste sfide ogni mese, assicurando in tempi molto serrati, che i dipendenti siano pagati correttamente e che l’azienda adempia a una copiosa quantità di norme.
Esempio: l’Irpef Un’altra volta, “stra-volta”
Per evidenziare la complessità di gestione delle buste paga, basti pensare all’aliquota Irpef, oggetto di numerose modifiche nel corso degli anni e ora nuovamente anche per il 2025. Le novità previste sulla busta paga per il 2025 riguardano la parte contributiva e quella fiscale, le due voci di cui tener conto nel calcolo dello stipendio netto dal lordo.
La legge di Bilancio 2025 interviene su entrambe le componenti, almeno per i redditi fino a 40.000 euro.
A eccezione delle lavoratrici che godono del bonus mamme, nel 2025 la contribuzione a carico del lavoratore si verserà per intero anche nel caso di redditi fino a 35.000 euro. Nel 2024 sulle buste paga con imponibile previdenziale fino a 2.692 euro lordi (35.000 euro considerate tredici mensilità) si applica uno sgravio contributivo pari al 6% (o 7% per chi non supera i 1.923 euro di imponibile previdenziale). Con la legge di Bilancio 2025 il taglio del cuneo fiscale viene profondamente rivisto e si passa a una riduzione dell’imposta attraverso l’introduzione di un nuovo trattamento integrativo e alla maggiorazione della detrazione. Per cui in busta paga tutti vedranno applicarsi l’aliquota contributiva piena, pari al 9,19%.
La legge di Bilancio 2025 mantiene le aliquote vigenti nel 2024, pari al:
- 23% per la parte di reddito fino a 28.000 euro;
- 35% per la parte compresa tra 28.001 e 50.000 euro;
- 43% per la parte che supera i 50.000 euro.
Per il momento non è previsto un taglio dell’aliquota prevista per il secondo scaglione.
Non tutta l’Irpef è però dovuta, in quanto intervengono detrazioni e trattamenti integrativi. Vi è una soglia al di sotto della quale l’Irpef dovuta viene completamente ridotta dalle detrazioni, pari a 8.500 euro l’anno (comunemente conosciuta come no tax area).
Per i redditi che superano gli 8.500 euro si applicano invece le detrazioni da lavoro dipendente, alle quali si aggiunge il trattamento integrativo, del valore di 100 euro netti al mese (per 12 mensilità), erogato in favore di coloro che hanno un reddito compreso tra 8.175 e 15.000 euro.
La legge di Bilancio 2025 mantiene queste agevolazioni aggiungendone altre.
Per i redditi il cui importo annuo non supera i 20.000 euro si aggiunge un ulteriore trattamento integrativo, una sorta di bonus Meloni quindi, pari a:
- 7,1%, se il reddito di lavoro dipendente non è superiore a 8.500 euro;
- 5,3%, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 8.500 euro ma non a 15.000 euro;
- 4,8%, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 15.000 euro.
Per quanto riguarda i redditi superiori a 20.000 ma non a 40.000 euro viene maggiorata la detrazione sul reddito. A quanto detto sopra si aggiunge infatti un ulteriore riduzione dell’Irpef.
A ridurre l’Irpef dovuta interviene anche la detrazione per coniuge, figli o familiari a carico, con alcune novità, tra cui la cancellazione delle detrazioni per alcuni figli a carico.
Nel dettaglio, la Manovra cancella il diritto alle detrazioni per i figli che seppure a carico (con reddito inferiore a 2.840,51 euro) hanno compiuto i 30 anni, eccezion fatta per quelli con disabilità.
Bonus mamme in busta paga
A beneficiare delle novità in busta paga introdotte dalla legge di Bilancio 2025 sono soprattutto le lavoratrici madri che possono beneficiare dello sgravio contributivo a loro previsto, il cosiddetto bonus mamme in busta paga. Nel dettaglio, oggi alle lavoratrici con 2 figli (di cui almeno uno minore di 10 anni) o almeno 3 figli (almeno uno minorenne) spetta uno sgravio contributivo fino a un massimo di 3.000 euro l’anno. Tuttavia, per le lavoratrici con reddito fino a 35.000 euro questo sgravio è stato applicato in misura ridotta, in quanto l’aliquota contributiva era già più bassa per effetto del taglio al cuneo fiscale. Questo significa che una lavoratrice con reddito annuo fino a 25.000 euro ha risparmiato solo il 2,19% di contributi grazie al bonus mamme, mentre sopra questa soglia ma entro i 35.000 il risparmio è del 3,19%.
Ora che nel 2025 il taglio del cuneo fiscale viene riconosciuto sotto forma di sgravio fiscale e non più contributivo, queste beneficeranno di entrambi i vantaggi, ossia di un risparmio pieno dell’aliquota contributiva (9,19%) a cui si aggiunge una minore Irpef dovuta per effetto del nuovo trattamento integrativo o della maggiore detrazione prevista (a seconda del reddito percepito).
Attenzione però perché ciò vale solamente per le lavoratrici con almeno 3 figli di cui almeno uno minorenne, per le quali lo sgravio contributivo fino a 3.000 euro l’anno si applica sicuramente fino al 2026. Per le lavoratrici con solo 2 figli (di cui almeno uno minore di 10 anni) con un reddito fino a 40.000 euro, invece, la Manovra prevede sì una proroga ma non viene indicato un limite massimo: la norma, infatti, si limita a specificare che lo sgravio, spettante anche alle autonome, viene riconosciuto fino a esaurimento delle risorse (pari a 300 milioni di euro).
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