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    Dicembre 22, 2020

    Contratto di espansione: uno strumento per la ripresa. Una possibile ottimizzazione

    Tra i programmi di politica attiva del lavoro, il rilancio del contratto di espansione è probabilmente lo strumento principale tramite il quale il legislatore sta pensando di prevenire gli impatti occupazionali che deriveranno dal venir meno del blocco dei licenziamenti in programma da fine marzo 2021.

    Tra i programmi di politica attiva del lavoro, il rilancio del contratto di espansione è probabilmente lo strumento principale tramite il quale il legislatore sta pensando di prevenire gli impatti occupazionali che deriveranno dal venir meno del blocco dei licenziamenti in programma da fine marzo 2021.

    Cos’è il Contratto di espansione

    Introdotto sperimentalmente fino a tutto il 2020 dall’art. 26 quater del DL 34/2019 in sostituzione del contratto di solidarietà espansiva, il Contratto di Espansione è quell’accordo sindacale stipulabile dalle imprese rientranti nel campo della CIGS con oltre 1.000 unità lavorative, tramite il quale indirizzare  processi di reindustrializzazione e riorganizzazione finalizzati al progresso ed allo sviluppo tecnologico in azienda, in modo da:

    1. offrire uno scivolo pensionistico ai lavoratori prossimi alla pensione;
    2. contenere il costo del lavoro tramite l’utilizzo della cassa integrazione;
    3. usufruire delle ore di sospensione per la formazione/riqualificazione dei lavoratori;
    4. effettuare nuove assunzioni.

    Le misure attuali

    I contratti di espansione possono essere oggi stipulati solo da aziende con un organico non inferiore alle 1000 unità, da intendersi come “teste”, anche in relazione ai contratti a termine, mediamente occupate nel semestre precedente la presentazione dell’istanza.

    L’istanza va ovviamente presentata all’Inps allegando il contratto di espansione già sottoscritto con le OO.SS. presso la Direzione Generale delle relazioni industriali del Ministero del Lavoro.
    Il contratto, pertanto, è il risultato finale dell’esame congiunto, ergo della fase di negoziazione sindacale di quel complesso progetto che, partendo dall’individuazione degli esuberi e dalla categorizzazione dei lavoratori per anzianità e funzioni, ne propone, con scadenzari dettagliati: l’accompagnamento alla pensione (c.d. scivolo), la riqualificazione e, ove previsto per determinate funzioni, l’ampliamento di organico.

    Possono essere titolati allo scivolo pensionistico, su base volontaria, quei lavoratori:

    • a cui mancano non più di 5 anni;
    • alla pensione di vecchiaia con 67 anni di età, o
    • alla pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi, se uomini, e 41 anni e 10 mesi, se donne.

    Con il contratto di espansione il prepensionamento è dunque reso accessibile attraverso il finanziamento che lo Stato offre a parziale copertura dei 5 anni residui sfruttando in maniera combinata le integrazioni salariali, prima, e la NASPI successivamente alla chiusura del rapporto di lavoro.

    Il datore di lavoro, dal canto suo, dovrà integrare la retribuzione persa dal lavoratore fino al limite dell’assegno pensionistico preventivato, provvedendo, ma solo in caso di pensione anticipata, anche al pagamento dei contributi residui.

    Per i lavoratori non prossimi alla pensione, lo strumento di retention da utilizzare sarà la formazione in combinazione con il sussidio derivante dalle integrazioni salariali che, durante il relativo percorso di riqualificazione, porterà alla sospensione del rapporto di lavoro. La riqualificazione sarà finanziariamente a carico dell’impresa, ma quest’ultima potrà attingere dalle risorse destinate ai fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua.

    Infine, ma non da ultimo, saranno necessarie nuove maestranze per la realizzazione del progresso tecnologico in azienda. Di qui, il contratto di espansione garantirà anche in termini di staffetta generazionale, potendo prevedere un numero di assunzioni predeterminato in modo direttamente proporzionale ai lavoratori esodati in prepensionamento, sfruttando ove possibile il ricorso ad esoneri o incentivi vigenti.

    Le previsioni nella Legge di Bilancio 2021

    Da quanto sembra emergere, la Legge di Bilancio per il 2021 in emanazione, sta provvedendo allo stanziamento di risorse per incentivare la stipula di tali accordi sindacali.

    Innanzitutto sembra quasi assodato l’abbassamento della soglia di accesso alle aziende con almeno 500 dipendenti, se non proprio a 150 come da ultime dichiarazioni dei Dicasteri interessati.

    Il tutto, allo scopo di offrire maggiori garanzie ai lavoratori interessati allo scivolo, pare dovrà accompagnarsi alla sottoscrizione di una polizza fideiussoria da parte del datore di lavoro per il versamento mensile delle somme dovute fino al prepensionamento.

    In termini di formazione, un importante strumento già utilizzabile a corredo dei contratti di espansione è dato dal “Fondo nuove competenze” di cui abbiamo già parlato (si veda nostra informativa del 14/10/2020) e che potrebbe rendere completamente gratuita per l’azienda la riqualificazione dei lavoratori sospesi.

    Infine, ma non da ultimo, anche il ricambio generazionale è già pianificabile nei contratti in commento, tramite l’utilizzo di giovani e donne i cui incentivi alle assunzioni, come si legge nelle anticipazioni della Legge di Bilancio, arriveranno a coprire il 100% dei contributi in conto azienda.

    L’obiettivo, come si vede, è ambizioso ed eclettico, tanto più in ragione dell’utilizzo della cassa integrazione di 18 settimane, sfruttabili non solo in deroga ai limiti di cumulabilità ordinari, ma, come confermato dalla Circ. Inps 143 del 9/12/2020, anche esente da costi di contribuzione aggiuntiva.

    Si tratta, tuttavia, di uno strumento ancora troppo complesso e che, pur nell’auspicio che possa essere esteso ad aziende di minori dimensioni e non soggette alla CIGS, avrà necessariamente bisogno di uno snellimento procedurale per poter essere sfruttato appieno.

    Si potrebbe partire con il predisporre contratti territoriali di espansione per settore di riferimento, da applicare congiuntamente alle prossime integrazioni salariali Covid già stanziate anch’esse nella prossima Legge di Bilancio, dietro semplice richiamo dalle aziende associate.
    Meglio ancora, poi, se tali contratti potessero essere completati da quell’incentivazione collettiva alle dimissioni di cui si è tanto parlato, ma per i quali, a tutt’oggi, non c’è traccia nella prassi sindacale.

    In altri termini, servono strategie win-win, volte, da un lato a scongiurare l’empasse del blocco dei licenziamenti che, per forza di cose, andrà ben oltre il termine del 31 marzo (sul punto: Sospendere i licenziamenti, ma non le procedure di A. Asnaghi, 7/12/2020); dall’altro far convergere su un unico strumento come il contratto di espansione “allargato le tante possibili scelte su cui l’azienda può puntare per affrontare la ripresa.

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