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    Novembre 11, 2020

    QUARANTENA COVID: tra rimborsi e burocrazia

    L’art. 26 del DL 18/2020, come ratificato in L. 27/2020, ha stanziato 130 milioni di euro a rimborso degli oneri a carico dei datori di lavoro in caso di assenza dei propri dipendenti correlati a certificazioni Covid19.

    L’art. 26 del DL 18/2020, come ratificato in L. 27/2020, ha stanziato 130 milioni di euro a rimborso degli oneri a carico dei datori di lavoro in caso di assenza dei propri dipendenti correlati a certificazioni Covid19.

    Allo scopo di tracciare e gestirne i rimborsi, l’Inps, con messaggio 3871/2020, ha fornito i codici da indicare nei flussi individuali Uniemens nell’elemento <CodiceEventoGiorno>:

    • MV6 – Quarantena;
    • MV7 – Assenza dal lavoro per lavoratore disabile con Terapie;
    • MV8 – Malattia accertata da COVID-19

    In ragione del crescente andamento della curva epidemiologica e dell’incertezza dello stanziamento di ulteriori risorse a copertura, l’Istituto ha tuttavia specificato che “..in questa prima fase sarà possibile conguagliare gli eventi di quarantena a carico dell’Inps con prognosi che si sia conclusa entro il 30 settembre 2020. Con successivo messaggio saranno fornite le istruzioni per i periodi successivi alla predetta data.”
     
    Fino a qui, nulla questio, se non fosse che ad oggi non è materialmente possibile gestire le differenti casistiche per i datori di lavoro ed i loro intermediari, e questo sia perchè non esiste un certificato medico “speciale” che diversifichi un certificato medico usuale rispetto ad uno dei 3 tipi sopra esposti, sia perchè con l’overworking in capo alle ATS, oggi spesso accade che non sia possibile ricevere per tempo da queste ultime una certificazione che di fatto sblocchi il certificato del medico di base nei casi di asintomatologia dei lavoratori.
     
    Si pensi infatti ai contatti stretti asintomatici di persone positive.
    Seppure l’Inps ponga in capo ai lavoratori in questa situazione l’invio di una lettera o una PEC del provvedimento ATS una volta (e se) ottenuto dagli stessi, come dovrà comportarsi il datore di lavoro nel frattempo?
     
    Una proposta a correzione di tale impasse è desumibile, come sopra detto, nella semplice istituzione di certificati medici ad hoc, individuabili come “causa covid”, lasciando temporaneamente sospesa la tutela della privacy sulle diagnosi anche a fronte degli evidenti vantaggi derivanti al lavoratore stesso (si pensi al mancato computo dell’assenza ai fini del comporto o della carenza ridotta prevista dal CCNL).
    Un’altra idea potrebbe essere quella di conferire temporaneamente ai medici di base il potere di agire nel rilascio di un certificato medico di quarantena sanitaria.
     
    Nel frattempo, vista la enorme responsabilità in materia di salute e sicurezza scaricata sulle aziende, sarebbe sicuramente opportuno prima di tutto attivare una procedura informativa per i dipendenti, fornendo loro un vademecum sul come comportarsi in casi come questi. Restituire firmato (via email) al proprio ufficio del personale un breve questionario appositamente predisposto, sicuramente agevolerebbe l’azienda nell’adottare il comportamento più opportuno nel caso concreto.
    Lo stesso documento così ottenuto potrà essere successivamente utilizzato anche nell’utilizzo del corretto codice assenza, magari a correzione di un Uniemens già trasmesso, in modo da non perdere il rimborso dell’onere sostenuto una volta che sarà reso disponibile.