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    Ottobre 14, 2020

    Fondo Nuove Competenze: novità nella formazione dei dipendenti

    Grazie al Fondo Nuove Competenze le aziende potranno vedersi rimborsare le quote di retribuzione, comprensive dei relativi oneri INPS in conto azienda, dei lavoratori occupati nei percorsi formativi.

    Il DL 104/20 (c.d. Decreto di Agosto) ha provveduto ad incrementare le risorse finanziarie da destinare al Fondo Nuove Competenze nell’ambito delle misure urgenti in materia di lavoro e politiche sociali, come istituito dall’art. 88 del DL 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio).

    Accedendo a tale fondo, gestito dall’ANPAL , le imprese avranno possibilità di convertire temporaneamente l’orario di lavoro di gruppi di lavoratori in ore di formazione e riqualificazione.

    Che cosa prevede questo nuovo fondo?

    In sostanza, siamo di fronte alla possibilità per le aziende di vedersi rimborsare le quote di retribuzione, comprensive dei relativi oneri INPS in conto azienda, dei lavoratori occupati nei percorsi formativi per nuove esigenze produttive.

    Il “Fondo Nuove Competenze” è già originariamente dotato di 230 milioni di euro  è stato ulteriormente incrementato dal Decreto di Agosto di 500 milioni di euro fino a tutto il 2021.

    L’obiettivo è quello di dare nuove competenze ai lavoratori, per aumentare il valore aggiunto dell’azienda stessa.

    Quali sono le condizioni per ottenerlo?

    Per ottenere il Fondo Nuove Competenze, l’impresa dovrà presentare ad ANPAL un progetto formativo, da iniziare prima del termine dell’anno 2020, che illustri:

    1. i fabbisogni di nuove competenze legati alla trasformazione dell’impresa oppure legati anche a promuovere l’occupabilità del lavoratore in altre aziende;
    2. il numero dei lavoratori coinvolti;
    3. il numero di ore dell’orario di lavoro da destinare entro il limite massimo di 250 ore per lavoratore;
    4. il possesso dei requisiti di capacità formativa dell’ente (o della stessa azienda nel caso sia effettuata internamente) a cui tale formazione viene demandata.

    Le attività dovranno concludersi entro 90 giorni dall’approvazione della domanda da parte di ANPAL (120 giorni se coinvolti i fondi interprofessionali).

    ANPAL valuterà le richieste in collaborazione con le Regioni interessate che terranno conto della contestuale programmazione dei propri progetti di formazione continua. Sulla base del numero di domande accolte, verrà stabilito l’importo massimo riconoscibile al datore di lavoro, distinto tra il costo delle ore di formazione e i relativi contributi previdenziali e assistenziali.

    La posizione di Fiabilis

    In attesa della definizione degli accordi territoriali che garantiranno sicuramente una maggiore facilità di accesso al finanziamento, rispetto ad accordi collettivi aziendali di cui molte aziende non sono provviste, ci permettiamo di fare alcune osservazioni.

    Siamo assolutamente concordi nel ritenere che la formazione e la qualificazione dei lavoratori è un passaggio fondamentale per conferire un valore aggiunto alle imprese ed ai lavoratori nelle stesse impiegati in termini, rispettivamente, di competitività e possibilità occupazionali.

    Il regime dei sussidi, da cui non può essere escluso il settore della formazione, va bene durante questa fase emergenziale, ma non crediamo debba diventare una regola.

    Anche prima della pandemia si è assistito allo scarso utilizzo della formazione interprofessionale, nonostante le ingenti risorse che continuano ad essere trasferite da 20 anni ormai a tale scopo da parte di aziende spesso ancora ignare dell’esistenza o, addirittura, di aver finanche aderito ad uno dei tantissimi fondi per la formazione esistenti.

    Parliamo, tra l’altro, di fondi paritetici, quindi a composizione sindacale a cui le aziende mensilmente devolvono lo 0,30% del contributo per la disoccupazione involontaria Inps (Legge 24 Dicembre 2007, n.247)

    Ci si chiede, quindi, non solo come vengano effettivamente spesi questi soldi, ma pur ove vengono utilizzati, l’ultimo rapporto OCSE

    ne denuncia uno scarso utilizzo a favore dei lavoratori che ne avrebbero maggiormente bisogno (figure non manageriali) in un’ottica di riqualificazione/ricollocazione.

    Potremmo includere nella disamina anche le attività dei Fondi di solidarietà di settore, che, è da ricordare, dovrebbero dirottare la gestione delle risorse da destinare alle integrazioni salariali anche su programmi formativi.

    Riteniamo in pratica che gli strumenti ci siano già, ma andrebbero razionalizzati nelle logiche di accesso e nelle modalità di utilizzo. Ben venga lo spirito dell’iniziativa in quanto stuzzica la curiosità delle imprese e sollecita la contrattazione collettiva. Per far sì che non perda efficacia sarebbe bene accertarsi che tutte le aziende abbiano modo di analizzare seriamente il proprio fabbisogno formativo e che siano effettivamente destinatarie di fondi che non vadano persi nelle pieghe della burocrazia. Vale sempre la pena ricordare che il vero obiettivo resta quello di rinforzare le imprese grazie alla valorizzazione delle persone che ne fanno parte.

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